D Giò

scritto e diretto da Matilde De Feo
liberamente tratto Eh Joe di S.Beckett
con Tommaso Bianco, Mafalda De Risi, Matilde De Feo
fotografia di Cesare Accetta
scene Renato Esposito
consulenza letteraria Alfonso Amendola
montaggio Simona Infante, suono Davide Mastropaolo,
color grading Fabio Bovenzi, sound engineer Giorgio Molfini, assistenti Flavia Cardone, Francesco Bianco
Durata 13"
mald'è e Donatella Scappa 2011

Giò è un uomo sulla sessantina in evidente stato di isolamento; chiuso nella sua stanza, in pantofole, cerca di allontanare da sé ogni pensiero che possa condurlo ad un'emozione. Soffre di alessitimia, e come tale è incapace di mentalizzare e descrivere a parole il proprio vissuto, versa nel silenzio assoluto. Non parla ma utilizza il cavo orale per nascondere e chiudere la propria esistenza, come in uno scrigno. Alessitimia significa letteralmente "non avere parole per le emozioni": la mancanza di espressività nel volto dei soggetti rivela meccanismi di rimozione. Solo una voce svela, dando sostanza alla mimesi audiovisiva della vita psichica di Giò, penetrando nella perpetua (im)mobilità dell'inconscio.
Liberamente tratto da "Eh Joe" di S.Beckett, testo scritto per la televisione e andato in onda nel 1966, la telecamera, in questo primo teleplay della storia, diventa vero e proprio strumento espressivo, quasi un ulteriore personaggio in scena, che entra in relazione con il corpo di Joe svelando, attraverso la voce e l'inesorabile e lento zoom, la storia del protagonista.

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